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( DOSSIER )


LA GUERRA DELL'ACQUA IN MEDIO ORIENTE

IL BACINO DEL NILO

Dott. Carmine Gianluca ANSALONE 

1.  Il bacino del Nilo.

Il Nilo e l'insieme dei suoi affluenti sono condivisi da nove paesi con diversi livelli di sviluppo sociale ed economico e che avanzano pretese spesso incompatibili sulle acque del fiume[1].

Negli ultimi anni, l'aumento vertiginoso della popolazione e la drastica diminuzione delle piogge, ha ridotto visibilmente la portata del Nilo e costretto i paesi rivieraschi a rimandare qualunque tipo di progetto idraulico.

L'Egitto e il Sudan sono i principali consumatori delle acque del Nilo[2]. L'Egitto non contribuisce alla portata del fiume non disponendo di nessuna sorgente d'acqua, ma essendo il paese con la più ampia popolazione nella regione, domanda e sfrutta in assoluto la quota più rilevante di risorse idriche.

Il paese è anche l'entità politicamente più stabile, con la più forte economia e con le potenzialità militari più rilevanti nell'area. La sopravvivenza economica di lungo periodo dell'Egitto dipende strettamente dalla gestione cooperativa delle acque del Nilo, ma tale processo di convergenza è frenato dalla guerra civile in Sudan e dalla instabilità dell'Etiopia[3].

2.   Profilo Idrologico.

Il Nilo è formato da due tributari principali: il Nilo Bianco e il Nilo Azzurro. Le sorgenti del Nilo Bianco si trovano nelle alture orientali del Burundi; questo tratto di fiume scorre attraverso le cascate Owen, il lago Kyoga e il lago Mobutu fino al Sudan. Le sorgenti del Nilo Azzurro invece sono nella regione del lago Tana, nel nord-est dell'Etiopia. I due fiumi convergono nella capitale sudanese Khartoum. Il più importante affluente del Nilo nel tratto inferiore del suo corso è il fiume Atbara; dopo la confluenza con l'Atbara, il Nilo non riceve più acqua e scorre direttamente in Egitto per poi sfociare nel Mediterraneo.

La portata media del Nilo è di 84 km cubi; l'86% di questo ammontare ha origine in Etiopia. Ma la portata del fiume varia notevolmente sulla base delle precipitazioni annue[4].

La crescita della popolazione, l'aumento degli impieghi, l'espansione dell'agricoltura, creeranno degli stress enormi nei prossimi anni sulla disponibilità di risorse idriche, con  l'aggravante (rispetto ad altre situazioni analoghe) che alcuni dei rivieraschi del Nilo sono tra i paesi più poveri al mondo. Inoltre, la maggioranza di tali Paesi è sconvolta da guerre intestine o da confronti di frontiera (Uganda, Burundi, Sudan, Etiopia). In quest'area più che in altre, la gestione ottimale dell'acqua passa necessariamente attraverso una stabilizzazione della situazione politica.

Al di là della condivisione delle acque del Nilo poco accomuna questi paesi. L'estrema eterogeneità, accoppiata al bisogno egiziano di sicurezza, ha reso fino a questo momento abbastanza difficoltose le trattative per giungere ad un accordo di cooperazione. Le relazioni bilaterali hanno avuto per protagonisti solo l'Egitto e il Sudan, mentre tutti gli accordi o le risoluzioni internazionali che riguardano questo bacino idrico, non fanno altro che menzionare e riaffermare i diritti storici dell'Egitto sulle acque del fiume[5].

La Gran Bretagna, in qualità di potenza coloniale sia in Egitto che in Sudan cercò per prima di tutelare i diritti storici egiziani e la priorità del Cairo nell'utilizzo delle acque del Nilo. Il Trattato anglo - italiano del 1891 sulla spartizione delle sfere di influenza in Africa orientale, prevedeva che nessun tipo di lavoro o progetto dovesse essere implementato nell'area del fiume Atbara che in qualche modo potesse modificare il corso e la portata del Nilo. Nel Trattato anglo - etiope del 1902, Addis Abeba accettava di non intraprendere progetti idraulici sul Nilo Azzurro, sul lago Tana o sul fiume Sobat.

In uno scambio di note con il governo di Sua Maestà, datato 1925, le autorità italiane accettarono di non intraprendere alcun progetto idraulico sui corsi superiori del Nilo Bianco e del Nilo Azzurro, riconoscendo la sovranità sui corsi dei due fiumi dell'Egitto e del Sudan anglo - egiziano. In un accordo del 1906, l'amministrazione del Congo belga si impegnò a non intraprendere alcuna iniziativa nell'area del Lago Albert senza il consenso del Sudan.

L'accordo sulle acque del Nilo del 1929 tra l'Egitto e la Gran Bretagna[6], assicurava al Cairo una portata costante nel periodo gennaio - luglio, e soprattutto attribuiva al governo egiziano un potere di veto e di monitoraggio su tutti i possibili progetti idraulici pianificati dagli altri rivieraschi.

L'accordo più rilevante per la spartizione del Nilo resta quello del 1959, sulla base del quale la portata del fiume deve essere di 84 km cubi ad Assuan; la diga omonima, sulla base del trattato, sarebbe stata completata al più presto (dopo lo stop della crisi di tre anni prima), mentre il Sudan avrebbe potuto costruire una diga a Roseires. In quell'occasione venne anche istituita una Commissione Tecnica Interparlamentare tra i due paesi[7].

Un'altra Commissione tecnica, questa volta più allargata, venne istituita da tutti i paesi rivieraschi (tranne l'Etiopia) nel 1967. Nel 1978, Tanzania, Ruanda e Burundi dettero vita alla Organizzazione per lo Sviluppo del Bacino di Kagera, a cui si associò anche l'Uganda nel 1981.

Il cosiddetto gruppo di "Undugu" (parola che in Swahili significa "fratellanza"), che una volta ancora includeva tutti gli stati rivieraschi tranne l'Etiopia, venne costituito nel 1983 sotto gli auspici dell'Organizzazione per l'Unità Africana (OUA) incontrandosi regolarmente e discutendo di scambio di informazioni sull'idrologia delle diverse aree e sulla possibilità di interconnettere le varie griglie elettriche.

3.   Le relazioni politiche ed economiche tra i paesi rivieraschi.

Le relazioni tra Egitto e Sudan sono state spesso influenzate, oltre che dalla situazione politica interna, anche dalle rispettive preoccupazioni sul corso del Nilo. L'Egitto osserva sempre con molta attenzione le vicende politiche interne del suo vicino. Le autorità del Cairo hanno spesso appoggiato le accuse della comunità internazionale che puntavano il dito contro il regime di Khartoum per aver dato appoggio ai principali terroristi internazionali e per ospitare i campi di addestramento dei combattenti dei gruppi radicali islamici.

Durante la Guerra del Golfo contro l'Iraq, le relazioni tra i due paesi si allentarono poiché l'Egitto supportò la coalizione occidentale, mentre il Sudan si schierò apertamente con Saddam Hussein. E' vero altresì che l'Egitto ha spesso dato appoggio ad alcuni oppositori del regime di Khartoum e in particolare al generale Fathi Ahmad Ali e a tutto il movimento SPLA (l'Armata di Liberazione del Sudan).

Recentemente la tensione tra i due paesi si è improvvisamente acuita ed ha avuto come oggetto la regione di Halaib sul Mar Rosso[8]. Nel dicembre del 1991, Khartoum assegnò il monitoraggio speleologico dell'area alla Compagnia Petrolifera Internazionale del Canada, una mossa che l'Egitto dichiarò chiaramente illegale, soprattutto alla luce dei piani del Cairo di affidare a qualche prestigiosa compagnia petrolifera straniera lo sfruttamento delle riserve off - shore della regione.

Inoltre l'Egitto da qualche anno esprime preoccupazione per i legami sempre più stretti tra il Sudan e l'Iran[9].

Il Sudan è da diversi anni alla ricerca disperata di petrolio a basso prezzo, ed è per questo che in passato il suo governo ha deciso di stringere i rapporti con due stati "paria" nella comunità internazionale: la Libia e l'Iran. Ora che la comunità internazionale sta tentando qualche timida apertura diplomatica verso questi due paesi, il Sudan non potrà più sperare in un trattamento preferenziale.

Nonostante le tensioni politiche, l'Egitto e il Sudan hanno una importante tradizione di cooperazione economica, soprattutto nel settore dell'interscambio agricolo e alimentare[10].

Le relazioni tra Egitto ed Etiopia erano abbastanza tese ai tempi di Menghistu. Nel corso degli anni '50, quando Nasser era al potere, l'amministrazione di Hailé Sélassié in Etiopia riceveva aiuti cospicui dagli Stati Uniti; alla metà degli anni '70, dopo che il Presidente Sadat espulse i consiglieri e i tecnici Sovietici dal suo paese e si rivolse agli USA per ottenere aiuti economici e militari, Menghistu replicò giocando la carta dell'acqua. Esperti sovietici condussero alcuni importanti studi di fattibilità sul lago Tana, mentre il governo di Addis Abeba reclamava il suo diritto sovrano a sfruttare le risorse idriche nel proprio territorio nazionale[11].

L'Egitto ha più volte accusato l'Etiopia di cooperare con la Libia e Israele per costruire dighe sul Nilo, cosa che creerebbe forte pregiudizio allo sfruttamento del fiume da parte del Cairo[12].

I rapporti tra Etiopia e Sudan si sono rafforzati soltanto dopo l'era Menghistu;  in precedenza il Sudan appoggiava il Fronte Popolare di Liberazione dell'Eritrea e l'Etiopia aveva offerta campi di addestramento alla Armata di Liberazione del Sudan. Nel dicembre del 1991, il confine tra i due paesi venne riaperto e i due governi firmarono un accordo per l'implementazione dei progetti comuni che prevedono la costruzione di importanti vie di trasporto e la gestione comune delle risorse idriche.

4.    Prospettive: conflitto o cooperazione ?

Allo stato attuale esistono pochi legami di tipo economico tra Egitto, Sudan ed Etiopia (i rivieraschi più importanti del Nilo) e ancor minori sono i rapporti tra questi tre paesi e il Congo - Kinshasa. L'agricoltura dipende totalmente dalle acque del Nilo in Egitto e Sudan, mentre è meno dipendente dalle risorse idriche in Etiopia e in Uganda. Come per il bacino del Tigri - Eufrate, anche in questo caso notiamo come il settore agricolo consumi circa il 75% delle acque del fiume, contribuendo in maniera sempre minore al PIL di questi paesi ed impiegando una fetta sempre minore di manodopera.

Kenya, Tanzania e gli altri paesi dell'Africa Orientale sono interessati all'acqua del Nilo soprattutto per lo sfruttamento a fini di pesca, navigazione e generazione idroelettrica. L'estrema povertà di alcuni di questi paesi, e il fatto che praticamente nessuno di loro possa ambire all'autosufficienza alimentare, implica che nessun progetto idraulico può essere intrapreso senza il contributo finanziario dei governi stranieri o delle Organizzazioni Internazionali[13].



[1] I paesi in questione sono: Egitto, Sudan, Uganda, Kenya, Tanzania, Ruanda, Burundi e Congo - Kinshasa (ex Zaire).

[2] La popolazione egiziana, nel 2000, sarà di 62 milioni e già adesso il Cairo è una delle capitali più popolose al mondo. Cfr. FAO, "Water Resources of the Near East Region: A Review", Roma, FAO, Aquistat, 1997.

[3] L'unico accordo relativo al Nilo attualmente in vigore è il Trattato bilaterale del 1959 concluso tra Egitto e Sudan.

[4]Nel 1964, ad esempio, la scarsa piovosità che interessò l'Etiopia fece diminuire la portata del Nilo di circa il 16%.

[5] La diga di Assuan resta quindi la migliore garanzia per la sicurezza idrica del paese, con il placet della comunità internazionale.

[6] Che rappresentava il Sudan, il Kenya e il Tanganika.

[7] Howell, P. P., e Allan, J. A., "The Nile, Sharing a Scarce Resource", Cambridge, Cambridge University Press, 1994.

[8] Secondo il contenuto di un accordo siglato nel 1899, l'area è posta sotto la piena sovranità del Cairo, ma a partire dal 1902 essa venne amministrata dal Sudan. Nel 1956, al momento dell'indipendenza, il Sudan cercò invano di annetterla, ma la regione passò in mani egiziane.

[9] Dopo il massacro a Luxor di un gruppo di turisti stranieri da parte di guerriglieri esponenti del radicalismo islamico, i rapporti tra i due vicini si sono molto raffreddati; il bombardamento americano su Khartoum, in risposta alla bomba piazzata nel palazzo della rappresentanza diplomatica americana in Kenya, ha confermato la presenza nell'area sudanese di campi di addestramento di terroristi internazionali.

[10] Il Ministero dell'Agricoltura egiziano ospita gli agronomi sudanesi per corsi di aggiornamento gratuiti.

[11] Nel corso della Conferenza di Mar del Plata (Argentina) del 1977, l'Etiopia annunciò il suo nuovo piano agrario, che prevedeva l'espansione dell'area irrigua di 4 km cubi nella valle del Nilo Azzurro, una decisione parzialmente influenzata dal supporto egiziano alla Somalia nella guerra dell'Ogaden contro l'Etiopia. Sadat, in quell'occasione, minacciò di bombardare qualunque tipo di postazione tecnica costruita sul fiume.

[12] Fino ad ora non vi sono prove della presunta collaborazione tra Etiopia e Israele.

[13] I primi considerano però l'area troppo instabile e pericolosa, le seconde (in particolare la Banca Mondiale) attendono la firma di un accordo regionale per la spartizione delle risorse idriche.

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Numeri 9 e 10
novembre - dicembre 2000


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